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Envision Gallura – il potere dei social media

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© marcello carlotti – 2015

Preambolo

Un progetto di comunicazione deve porsi degli obiettivi e darsi almeno un metodo. Anzitutto, bisogna trovare un qualcosa che valga la pena essere raccontato ed ascoltato, perché il racconto, senza l’ascolto, è nullo o, peggio ancora, autoreferenziale. Conseguentemente, bisogna trovare un pubblico sensibile, ed eventualmente tradurre i contenuti del nostro discorso e del nostro racconto. Questo impone la scelta di un metodo e di uno o più strumenti capaci di rendere piena, efficace e amplia la nostra azione comunicativa.
Sono ancora in tanti a pensare che il modo più efficace di comunicare sia la televisione o la carta stampata. Eppure, negli ultimi dieci anni, abbiamo avuto più volte testimonianza che le cose sono radicalmente e rapidamente cambiate.
Quindi, prima di ogni altra riflessione sul cosa si debba e/o possa raccontare, quando e dove, è necessario in questo preambolo, ragionare sul come oggi sia più efficace comunicare, per viralizzare o semplicamente innescare una eco.

***

Nel marzo del 2004, Mariano Rajoy – delfino di J. M. Aznar – era certo di vincere le elezioni spagnole, continuando il percorso stabilito dal suo mentore e predecessore. Nei giorni precedenti il 14 marzo, segnatamente l’11 marzo, la Spagna conobbe a Madrid il più impattante attacco terroristico della sua storia recente (una storia non certo tranquilla). Il governo del Pp era, con i Francesi e gli Inglesi, il più fervente alleato degli USA in quella che, il comandante in capo dell’esercito americano G. W. Bush ed il suo staff, avevano definito “guerra al terrore”, iniziando una colossale operazione focalizzata in Afghanistan ma allargata al medioriente.
Tuttavia, il popolo spagnolo, forse ancora memore del dramma di una non lontanissima guerra civile e della successiva dittatura, non si era mostrato particolarmente entusiasta dell’appoggio militare offerto ai gringos.
Pertanto, quando esplose quel treno pendolari nella stazione di Atocha, il governo in carica – quello di Aznar – per non perdere l’ampio consenso che aveva, e sopratutto, per non trovarsi a dover giustificare la missione militare, fece una delle scelte peggiori che, nei tempi della società digitale e dell’informazione orizzontale peer-to-peer si possa fare: mentì spudoratamente, mostrando l’aspetto peggiore che un governo possa mostrare, la paura di prendersi delle responsabilità, e confidando nei media tradizionali e nella loro capacità di plasmare l’orizzonte informativo del pubblico e del popolo.
Le prime dichiarazioni e i primi telegiornali, infatti, cercarono di accreditare una matrice basca ed indipendentista all’attentato. Tuttavia, per far cadere il velo della menzogna fu sufficiente che un cittadino spagnolo che, in quel momento si trovava in Francia, mettesse a confronto le due linee di informazione: quella spagnola, che cercava di scaricare la colpa sui baschi; e quella francese, che dichiarava come, in quell’attentato, fosse evidente la matrice deviata islamica facente capo ad Al-Qaida.
Quel cittadino fece quello che, chiunque, avrebbe fatto al suo posto: scrisse un sms e lo inviò a tutti i suoi contatti spagnoli che, a loro volta, reinviarono ai loro, dando vita ad una disseminazione geometrica.
In poche ore, la Spagna era in piazza e per le strade e cingeva d’assedio le sedi del Partido Popolar al grido di “Queremos la verdad”. L’ampio consenso che i sondaggi avevano attribuito a Rajoy si sciolse come neve al sole, e il giorno delle elezioni fu incoronato il Psoe di quella che, fino ad allora, era considerata una figura debole: Zapatero.
L’aspetto significativo della vicenda è che la verità di un sms è stata più potente di tutta l’artiglieria pesante in mano ad un governo che gestiva la gran parte dei mezzi di stampa e comunicazione. Davide vinceva contro Golia. La menzogna veniva sconfitta dalla verità. Tuttavia, senza moderni mezzi di comunicazione digitale, ciò sarebbe stato del tutto impossibile.

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Nel marzo del 2004, Facebook aveva appena un mese di vita (fu fondato nel febbraio di quell’anno), la Nokia non aveva ancora lanciato il suo Nokia E90 (il primo smartphone di un certo livello) e mancavano ancora 34 mesi al lancio del primo I-phone, che Steve Jobs presentò solo nel gennaio 2007.
Molte cose da allora sono cambiate, e i mezzi di comunicazione, informazione e socializzazione hanno conosciuto una trasformazione che può essere definita rivoluzionaria, se la memoria selettiva non ha già operato la rimozione di quel che, grazie a quei mezzi, è accaduto in nord Africa: le primavere arabe che hanno caratterizzato il mediterraneo del Sud fra il 2010 e il 2011.
Di nuovo Davide contro Golia. I giovani blogger egiziani e tunisini hanno iniziato una campagna di informazione a furia di post culminata in un atto drammatico, esemplare e scatenante: un attivista, in segno di protesta, si diede fuoco.
La primavera araba iniziò in Tunisia il 17 dicembre 2010 e, con una rapidità crescente, dilagò in Egitto, Libia, Bahrein, Yemen, Marocco, Algeria, Giordania e Siria. Quel giorno a Tunisi un ambulante di nome Mohamed Bouazizi si diede fuoco per protestare contro il sequestro operato dalla polizia a danno della sua mercanzia.

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Non era la prima volta che qualcuno si dava fuoco, nel mondo, in segno di protesta contro l’oppressione (è da qualche decennio, ad esempio, che purtroppo i monaci tibetani si autoimmolano dandosi alla fiamme, per protestare contro l’occupazione cinese del suolo tibetano). Tuttavia, in quel caso, grazie ad un tam tam di foto, post, tweet e condivisioni quel gesto assurse a esempio e l’esempio scatenò tonnellate di energie potenziali rendendole cinetiche al punto da rovesciare svariati regimi oppressivi e decennali, e metterne in crisi altri che, per rimanere in sella, hanno dovuto ricorrere all’esercito, ad armi chimiche e, ovviamente, alla controinformazione che, oltre a battere la gran cassa dei media mainstream, ha preventivamente chiuso gli spazi virtuali dei social networks (in certi casi in modo radicale, in altri in modo selettivo, a la maniera della Cina).

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