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Agriturismo e manialia: dal condominio meneghino al granito gallurese

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Pulchiana

intervista di © marcello carlotti – 2015 / immagini di © Riky Felderer – 2014

Buongiorno Alberto e grazie del tempo che ci dedichi. Tu sei nato e cresciuto a Milano, e sei arrivato in Sardegna, dopo una breve parentesi in Umbria (se non sbaglio), oltre 30 anni fa. Cosa ti spinse a scegliere definitivamente la Sardegna e, precisamente, la Gallura? Rifaresti la stessa scelta?

Nell’81 ho avuto la possibilità di comprare uno stazzo gallurese. Avevo 23 anni e da allora ho sempre vissuto a Stazzo la Cerra. L’idea,  molto semplice, forse ingenua, ma per me che venivo dalla città molto avvincente, era quella di vivere del proprio lavoro con la terra.  Lo rifarei perchè lo stazzo gallurese e quello che lo circonda è naturalmente predisposto ad accogliere l’essere umano. Da subito mi sono sentito a casa, protetto dalla sarra granitica, dal grande monolito di monte Pulchiana e dalla solidarietà del vicinato. Per loro era la norma condividere i lavori, ma anche le difficoltà e i piaceri della vita nell’ambito della “cussorgia”. Per me, cresciuto in un condominio a Milano, una rivelazione.

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Nei primi anni ti sei dedicato all’allevamento, poi hai ampliato la tua esperienza professionale con un agriturismo. Come sono cambiati i ritmi di lavoro e come sei cambiato tu grazie a questa evoluzione?

Dopo aver sistemato le case che erano abbandonate da una decina di anni e cercato l’acqua, per vent’anni ho cercato di fare quello che facevano i miei vicini e amici, ho allevato pecore, vacche, maiali, capre e le api. Mentre miglioravo i pascoli e costruivo un fienile-ricovero per il bestiame ho imparato a conoscere questa terra antica, i suoi anfratti, il bosco di sughere e quelle incredibili formazioni granitiche modellate da milioni di anni; ho cominciato a sentirmi responsabile della bellezza di questa terra. Nel 2001 ho potuto iniziare una piccola attività di agriturismo, convinto che il fascino che il paesaggio gallurese esercitava su di me potesse essere goduto anche dai visitatori della Sardegna. Anche se la Cerra non è esattamente in una posizione turistica, in quegli anni molte persone iniziavano ad usare internet per cercare un posto per le vacanze. Questo ha fatto si che anche i posti un po’ fuori dai sentieri più battuti del turismo avessero la possibilità di attrarre visitatori da tutto il mondo. Da quest’anno c’è anche la possibilità di campeggiare all’ombra di una sughereta.

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Cosa offre il territorio gallurese ad un operatore dell’accoglienza a livello di materie prime enogastronomiche, paesaggi ed ambienti?

In Gallura c’è molto. Del mare tutti ne conoscono le famose località, ma è il paesaggio dell’interno che sorprende il visitatore che per la prima volta percorre le sue strade. Per fortuna ancora oggi molti stazzi sono ancora vivi e in produzione, c’è quindi un’offerta di prodotti della campagna che ben supporterebbe una presenza turistica maggiore di quella attuale. Il visitatore più attento apprezza moltissimo la cucina tradizionale, ma anche tutto quello che è naturale, genuino e “fatto come una volta”.  Non credo ad un turismo che possa fare a meno dell’agricoltura intesa come produzione di cibi e vini locali e tipici. Questi due settori devono crescere insieme in una sinergia vincente e sostenibile.

sul Pulchiana

Il tuo target di clienti è maggiormente italiano o straniero? Quali differenze registri fra i tuoi ospiti?

Gli italiani prediligono decisamante la spiaggia. Alla Cerra solo un dieci per cento degli ospiti è italiano. Il visitatore del nord Europa è molto più interessato a luoghi lontano dai fragori, dove ci si possa ricaricare dallo stress della vita metropolitana. Dove oltre al relax e al silenzio della natura abbia la possibilità di fare attività sportive come trekking, bici, bouldering, canoying, ecc. E poi la cucina, gallurese, italiana, naturale… per gli stranieri è un’esperienza che, se vera, ricorderanno.

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Come si organizza una buona accoglienza? Cosa deve fare un agriturismo e cosa non deve fare o permettere?

A differenza degli alberghi, per l’agriturismo non ci sono standard a cui riferirsi. Il gestore normalmente non è un professionista del turismo e interpreta l’accoglienza secondo il suo concetto di ospitalità: in genere molto calda e familiare.
Questo è molto apprezzato: per l’ospite è un’occasione di conoscere la realtà locale dal di dentro. L’agriturismo offre un punto di vista che l’albergo non può dare.
Per questo mi spiace quando vedo colleghi che arredano le loro strutture scimmiottando gli alberghi, investendo in costose quanto non richieste attrezzature.
Quello su cui dobbiamo puntare è trasmettere la cultura contadina rispettosa dell’ambiente, del benessere degli animali, delle tradizioni e dei saperi antichi che han fatto prosperare la civiltà degli stazzi fino ai giorni nostri. Lì sta la forza di questo tipo di ospitalità. Questi sono i motivi che spingono tanti nord europei a visitare  le nostre campagne. Non servono Jacuzzi e aria condizionata, dobbiamo solo saperci raccontare, magari in inglese…

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La Gallura è una terra che può lavorare col turismo solo stagionalmente, oppure ritieni che possa lavorare 12 mesi all’anno? Perché sembrerebbe così bloccata ed appiattita sul mare e la stagione estiva?

Sembra che se cresci in un posto e non vai mai altrove, allora non riesci a capire il valore di quello che hai e del posto in cui vivi. Venendo da fuori non ho questo problema: per me la Gallura è oggettivamente meravigliosa. In ogni stagione. Al mare e nell’interno. I visitatori, soprattutto stranieri, sono concordi con me: amano la Gallura e vorrebbero tornare, qualcuno anche a viverci.

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Hai scelto di investire sul progetto Envision Gallura curato da inveritas. Che idea ti sei fatto di questa esperienza?

Avevo partecipato ad altre iniziative di imprenditori, sempre dirette alla cooperazione fra aziende e sotto l’egida delle istituzioni. I risultati non sono mai stati all’altezza delle aspettative o delle potenzialità; mi sembrava sempre che ognuno non vedesse più in là del proprio orticello. Envision Gallura è un iniziativa nata dal basso senza aiuti delle istituzioni. Il solo fatto di essere stato coinvolto in questo progetto da Simona Gay che gestisce un’altro agriturismo, del quale io sono un “concorrente”, fa capire che la visione è ampia, che insieme possiamo fare molto di più che la semplice somma delle nostre energie.

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